venerdì 2 maggio 2008

Meloni: «Martiri anche le vittime del Fdg»

ROMA - «Anche i giovani militanti del Fronte della gioventù che morirono assassinati sono martiri dell'Italia, non della Destra». Lo ha detto la deputata del Pdl ed ex vicepresidente della Camera, Giorgia Meloni, da qualche anno uno dei nomi emergenti di An. «Se rinnegassi il Fronte della gioventù - ha spiegato la parlamentare intervenendo al programma web KlausCondicio - rinnegherei me stessa. Tutto ciò che mi porto dentro di pulito, di autentico, di ideale me lo ha insegnato il Fronte della Gioventù».
IL CASO DI NELLA - La Meloni è cresciuta nel movimento giovanile dell'Msi ed è stata al vertice del gruppo giovani di An. Conosce dunque bene la realtà di un movimento che, soprattutto negli anni settanta, è stato in dura contrapposizione con i movimenti studenteschi e i gruppi della sinistra. E tra i nuovi martiri la deputata pidiellina inserisce ad esempio Paolo Di Nella, rimasto nel cuore di molti militanti, a partire dal neosindaco di Roma, Gianni Alemanno, che porta al collo una collanina con la croce celtica che apparteneva proprio al giovane ucciso nel 1983, a colpi di spranga alla testa, mentre attaccava dei manifesti. «Fu ucciso a soli 20 anni - ha sottolineato la Meloni -, una morte ancora oggi rimasta impunita».

«IL FASCISMO? NON C'ENTRA NULLA» - La parlamentare ha poi spiegato cosa abbia significato per lei quell'esperienza politica. «Eravamo ragazzi con un'idea della ribellione finalizzata a costruire un mondo diverso, ragazzi che consideravano e considerano ancora il potere come uno strumento e non un obiettivo. Il Fronte della gioventù è la mia storia». «Per noi la violenza non è mai stata uno strumento dell'agire politico - ha aggiunto -. Al contrario c'è tanta nostra gente che si è dovuta difendere, poichè veniamo dalla storia di una comunità politica che, per un certo periodo del suo percorso, è stata considerata un bersaglio da tutti. La storia di quei ragazzi che morivano a 16 anni in mezzo alla strada ed era normale perchè ammazzare un fascista non era reato. Erano ragazzi nati nel 1965, venti anni dopo il fascismo, che non c'entravano nulla con il fascismo e per i quali la società non ha versato una lacrima. Io dico che storie analoghe ci sono state anche dall'altra parte della barricata e che solo oggi si sta rendendo giustizia a tutti quei ragazzi».

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