sabato 31 maggio 2008

Giornalismo delirante 2 | Sant'Elia, il progetto di Alkemade

(L'Altra Voce) Signore e signori, ecco a voi il Concept Masterplan of Sant'Elia. Dalla affollata sala numero cinque della Manifattura va in scena un sogno da realizzare. Presenta Floris Akemade. Va bene: è solo un progetto. Ma suggestivo quanto basta da sperare che davvero quelle idee di carta possano diventare realtà. Un giorno, prima o poi: passo dopo passo, senza contrapposizioni ideal-istituzionali.
La Regione insiste: «Questo progetto, il suo avvio, vale da solo una legislatura», avrà modo di dire l'assessore regionale ai lavori pubblici Carlo Mannoni. Nel bene (il Masterplan) e nel male (l'abbandono di Sant'Elia), passato e futuro mettono alle corde le istituzioni: Regione, Comune, Area(azienda regionale per l'edilizia abitativa). Mannoni mette tutti dentro quando il mea culpa serve a fare il primo passo. Per il riscatto: della politica e, soprattutto per gli abitanti del quartiere.
Sono proprio loro, infatti, il punto di partenza per una riqualificazione che tenga conto delle esigenze sociali, urbanistiche e territoriali di Sant'Elia. Perché una cosa è emersa con forza nel corso delle consultazioni preliminari: gli abitanti non vogliono lasciare le loro case. Il senso identitario, in questo angolo di mondo dimenticato per anni, è ancora molto forte. Anzi, come spiega Floris Alkemade: «Il contesto è estremamente eterogeneo con diverse identità».
Comunque sia, l'iniziale ipotesi di distruggere e ricostruire è stata accantonata. La via maestra indicata dall'architetto è quella della strategia minima di interventi: un approccio minimalista teso a migliorare l'attuale geografia residenziale. Sant'Elia, ha spiegato Alkemade «è come un tessuto urbano scucito dalla città».
E allora le proposte sono quelle di riqualificare l'edilizia abitativa:eliminare il piano piastra e il primo piano: riconvertirli in abitazioni e negozi; ridefinire gli spazi pubblici e comuni; la riconnessione del quartiere al porto con scuole, negozi; la riapertura del canale per la biodiversità e la promozione di turismo ecologico sui colli di Sant'Ignazio, Sant'Elia e Calamosca.
Infine lo stadio: ridimensionato e spostato in prossimità del lungomare. Ridisegnato come un ferro di cavallo: un'unica grande curva affacciata come a una finestra, sul mare: su Sant'Elia e sul Betile. Un paesaggio che, come ha spiegato Alkemade, finirà su tanti piccoli schermi in occasione delle partite del Cagliari. Riqualificazione e promozione si incontrano in questo progetto che immagina una Cagliari, che assume i connotati di un'aspirante capitale del Mediterraneo.: che diventa laboratorio culturale e architettonico.
Ma ritorniamo un attimo sulla riqualificazione edilizia: «Ogni viaggio comincia da un primo passo», ribadisce Alkemade, citando un proverbio cinese. Ed ecco il primo passo: riqualificare il Favero. E soprattutto coinvolgere gli abitanti in questo progetto che riguarda la città, ma soprattutto i cittadini di Sant'Elia. Alla presentazione assistono l'assessore comunale Giovanni Campus, il presidente della commissione urbanistica Massimiliano Tavolacci e un coerente nemico dichiarato del Betile: Alessandro Serra, consigliere comunale di Alleanza nazionale.
È apprezzabile che oltre Campus qualcuno abbia deciso di entrare, ascoltare e intervenire all'iniziativa. Anche per esprimere riserve o contrarietà. Sempre meglio che dirigere l'orchestra giovanile e nostalgica del “Soru boia” di Azione giovani in versione ridotta. A restar fuori si rischia di non vedere, e quindi negare, l'evidenza: FestArch piace a esperti e non. A giovani e meno giovani. A comunisti e moderati. Se ne faccia una ragione Pellegrini: e se la faccia entrando e guardando le cose con i suoi occhi e non quelli di quella che chiama “stampa prezzolata”.
Tornando a Campus: quando difende la scelta che negli '70 portò alla realizzazione di quegli edifici, a Sant'Elia, lo fa in maniera accorata e sincera: «Il sogno della casa andava onorato. Ma il punto è: perché il sogno è diventato un incubo? Ma ora, Comune e Regione hanno deciso di dire basta: l'architettura non può essere delegata: fa parte della vita di tutti noi». Applausi, anche per lui.
Poi è il turno di Tavolacci: «Una cosa sono le idee, un'altra sono i progetti», premette, «ma l'apertura del Comune di Cagliari è evidente: alcune cose le abbiamo già fatte, ma è necessario proseguire la discussione intorno a un tavolo tecnico». Ma quando si esce dallo schema della contrapposizione politica sterile, ci sono osservazioni che meritano attenzione bipartisan:«Proporre speranze, idee non realizzabili», conclude Tavolacci, «potrebbe essere fatale per il quartiere». Proprio come privarli di un sogno.
Cinzia Isola

Nessun commento: