venerdì 30 maggio 2008

Giornalismo delirante 1 | I padri e i 20 Pellegrini's boys del “Soru boia”

(L'Altra Voce) «Già avevo anticipato, sulla stampa, alle prime notizie delle tentazioni betiliche del nostro governatore, l'ansia totalitaria che si intuiva dietro quella voglia monumentale di "parole di pietra". Utilizzo propagandistico dell'architettura ipertrofica, tipico della tradizione totalitaria del novecento, che vede illustri predecessori del nostro piccolo satrapo regionale: da Hitler a Stalin sino a Mussolini.
La raffinatezza di questa ennesima operazione propagandistica-architettonica, vestita a fest-arch effimera e miliardaria, rivela netti, disegno e calcolo di comunicazione di un egocentrico che sa il fatto suo, senza nascondere peraltro affinità sconcertanti con l'ambiguità pseudomodernista mussoliniana della fine degli anni trenta. Quando (leggasi il recente, interessantissimo "Mussolini architetto", di Nicoloso, uscito per i tipi di Einaudi) il duce, intossicato dalla competizione architettonica accesa da Hitler e dal plagiatissimo Speer, sterza senza esitazione dall'equilibrio del sincero razionalismo "di regime" di Pagano e Terragni e si avventura nell'ultimo, fosco atto di quel monumentalismo piacentiniano, diviso tra romanità di archi e colonne e funzionalismo minoritario, che troverà sfogo nei grandi cantieri incompiuti della Capitale e nel progetto dell'E42 (oggi Eur).
A quella storica ambiguità il nostro governatore aggiunge l'effimero festaiolo e trendy delle passerelle chiassose e la frenesia delle grandi abbuffate pseudoculturali, amplificate adeguatamente da una stampa acritica e ben foraggiata e acclamate dalla turba prona di tutti i suoi lacayos.
Poveri studenti di architettura! Ingannati da questo lussuoso balenare di dorati lustrini e pingui gettoni, non sanno che il futuro che li aspetta è quello del bigliettaio, o se gli va bene del custode, nell'antro faraonico del Betile» Firmato: Giorgio Pellegrini.
Ora: alzi la mano chi ha capito qualcosa e aiuti anche noi. Pellegrini è l'assessore alla Cultura del Comune di Cagliari, professore universitario, grande oppositore di qualunque manifestazione si svolga dentro la Manifattura Tabacchi: quello sopra è un volantino che girava ieri tra le mani di una ventina di manifestanti di Azione Giovani contrari al FestArch, durante la sua inaugurazione. È anche «una lettera che ho spedito all'Unione Sarda: spiega i motivi della nostra protesta», dice.
Siamo onesti: l'abbiamo letto e mica capito. Molto più comprensibili i messaggi e gli slogan lanciati dai giovani di Alleanza nazionale, con tanto di striscione e megafono. Il primo, ricalcato dal noto spot televisivo di una carta di credito: «Due giorni di FestArch: 500mila euro»; «Betile» e giù il prezzo; «Sardegna fatti bella» e via con l'importo. A non avere prezzo, in questa rivisitazione, è «ricevere rifiuti dalla Campania».
Mischiano tutto quello che c'è da mischiare e aggiungono qualche motivetto orecchiabile con sonorità da stadio: «Presidente, ma quando te ne vai?», «L'italiano è senza tetto, fai la festa all'architetto» sino al sapore nostalgico di «Soru Boia». Poco convinti, ché li ascoltano in pochi: eppure sono più immediati di quel volantino. Noi, abbiamo detto, mica lo abbiamo capito: chissà quanti l'hanno fatto, tra i contestatori.
Checché ne dicano loro, la gente entra negli spazi della manifattura. «Sono tutti addetti ai lavori», sottolinea Pellegrini. Che a Cagliari ci fossero così tanti architetti, neanche questo sapevamo. Tutti pronti, poi, a sfidare il caldo della sala e ad ascoltare la lectio magistralis di Jacques Herzog: tanto il primo, in inglese la seconda. «Ma cosa resta poi di questa serata?», chiede Pellegrini: «E cosa di 74 appuntamenti concentrati in due giorni?» L'effimeratezza della manifestazione sta tutta qui. Quello che non va giù è proprio lo spazio fisico: «È un'area che al Comune non è mai stata concessa. Contestiamo l'uso dittatoriale dello spazio, su cui il governatore non vuole cedere di un millimetro».
Però, permetta, assessore: visto che è qui, lei che è del campo, entrerà a sentire qualcosa? «Non credo, ho una certa resistenza alle passerelle: anziché pagare fior di gettoni a tutti gli ospiti si sarebbe potuto organizzare un seminario di un mese per gli studenti di architettura. Quello sì che sarebbe servito». E perché non si è mai fatto, magari quando al governo c'era il centrodestra? Risposta: «Si faccia ora, no?».
Prima erano impegnati a cercare di venderlo, quello spazio: volevano farci un casinò.
Marco Murgia

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