giovedì 15 novembre 2007

Alcune considerazioni sulla Birmania

Difendere un popolo perché oppresso o difendere un popolo perché oppresso da una giunta militare comunistoide? Il problema quindi è che sia oppresso in quanto tale o che sia oppresso da un regime comunistoide? Nella seconda ipotesi si pensa esclusivamente all'immediato, ignorando chi e cosa verrà dopo. Ma, al fine di evitare la navigazione a vista, la domanda dovrebbe essere sempre quella, la più valida nel valutare le azioni politiche a lungo raggio: cui prodest? A chi conviene tutta questa mobilitazione mediatica?
Siamo così ingenui da pensare che gli attuali governanti birmani siano "cattivi" oppressori per il solo gusto di opprimere? Non sarà che i generali birmani sono solo la maschera di un regime, dei "garanti dell'oppressione" utili a chi realmente sfrutta le risorse birmane? Nessuna tv ci ha parlato dei legami d’affari tra l’Unocal (legata a filo doppio con Dick Cheney, il difensore dei diritti umani in Iraq e Afghanistan) e la giunta militare Birmana; della costruzione del gasdotto Yadana che ha comportato un vero e proprio esodo di 150mila abitanti delle foreste Birmane (nonché del popolo Karen), se non quando una vera e propria riduzione in schiavitù ai lavori forzati per la sua costruzione. Non è complottismo: la Unocal è stata rinviata in giudizio in un tribunale californiano proprio per “riduzione in schiavitù” e – per essere ancora più chiari – la Unocal ha chiesto che si applicassero le leggi birmane, le quali prevedono la coercizione immediata ai lavori forzati…
Si potrebbe parlare del faro della democrazia in Medioriente: da vent’anni Israele vende armi alla Birmania (per non parlare delle collaborazioni militari con la Cina “comunista”); dell’India che rimpinza gli arsenali Birmani in cambio di gas (quello dell’Unocal); o magari della Tailandia, fedele alleato USA, che firma accordi per la costruzione di dighe per la produzione di energia idroelettrica sulle terre dei Karen, che verranno sommerse da milioni di metricubi d’acqua.
No, di questo non si parla in tv o nei giornali. Certo però è impossibile sostenere che la causa dell'oppressione sia un'ideologia: una cosa è un regime comunista, un'altra è una giunta militare con sfumature comunistoidi. Una cosa è Polpot, altra cosa la Birmania. E il sostegno della Cina? Puramente strumentale a quelli che sono gli interessi di sfruttamento delle risorse birmane. Punto. Sempre che si possa ancora sostenere che la Cina sia un paese comunista... A ben vedere si tratta di un sistema altamente capitalista basato sulla massimizzazione estrema del profitto, a partire dalla forte riduzione delle libertà sindacali. Non sono forse i capitalisti nostrani (occidentali) a chiedere una continua erosione dello Stato sociale? Non sono forse i grandi industriali nostrani (occidentali) a traslocare la produzione in Cina e a ingrandirne la potenza economica e, quindi, politica? A un occhio "ingenuo" la Cina sembrerebbe il paradiso dei capitalisti. Profitto, profitto e profitto: tutto il resto è un ostacolo.
Una cosa è certa. Se e quando cadrà la giunta militare, gli sciacalli continueranno ad operare ancor più di quanto è avvenuto fin’ora. Anzi: quei popoli fieri (come i Karen) che continueranno a lottare per la propria autodeterminazione (contro i soprusi sulla propria terra, contro la sommersione delle proprie terre, contro la coltivazione di oppio) giocoforza si ribelleranno al nuovo regime democratico e saranno chiamati “signori della guerra” se non addirittura “terroristi”.
E’ successo con i sunniti di Saddam Hussein utilizzati contro l’Iran sciita di Khomeini; con gli sciiti iracheni utilizzati contro i sunniti di Saddam Hussein. E poi con i curdi del pkk, con i talebani, con i mujaheddin, con i kossovari dell’uck, con i separatisti ceceni… La lista è lunga e va molto indietro nel tempo fino a riguardaci direttamente come nazione.
Insomma: niente di nuovo sotto il sole. E intanto continuiamo a fare il loro gioco.
Pedro

Nessun commento: