venerdì 8 febbraio 2008

Notizie dal Quarto Reich

di Maurizio Blondet http://www.effedieffe.com/
Un nuovo programma scolastico parte in Inghilterra: almeno due studenti di ogni scuola, ogni anno, dovranno essere spediti a visitare Auschwitz.
Ciò per assicurarsi che «le lezioni del genocidio nazista vivano nella nuova generazione».
Gli studenti selezionati per la visita dovranno incontrare «almeno un sopravvissuto» che racconterà loro le storie di vita e di morte nel campo.
La visita si concluderà con «un solenne memorial service».
Al ritorno, gli studenti dovranno partecipare a un seminario per «riflettere sull’esperienza».
Liberamente, spontaneamente.

Ogni scuola - liberamente, spontaneamente - dovrà pagare un terzo del costo del viaggio, mentre
lo Stato coprirà il resto.
A questo scopo sono stati stanziati 1,5 milioni di sterline l’anno fino al 2011.

Lo scopo di queste visite, ha detto Karen Pollock, direttrice esecutiva dell’Holocaust Education Trust, è di «trasformare gli educati in educatori».
Il fatto è, ha spiegato, che «siamo ben consapevoli che presto non ci saranno più sopravvissuti per andare ad educare all’olocausto nelle scuole; così questi giovani, attraverso queste visite, diventano testimoni».
Infatti, ha detto la Pollock, «alcuni studenti che hanno fatto la visita sono stati ispirati a distribuire volantini contro il British National Party» (neofascista).
Liberamente, spontaneamente.

La signora Pollock deve aver tratto insegnamento dal «ragazzo Morozov», il giovane pioniere dal fazzoletto rosso che nell’URSS anni ‘30, durante la grande carestia, fu «ispirato» dall’educazione ricevuta nelle scuole sovietiche a denunciare il proprio padre per sottrazione di grano all’ammasso.
Il padre fu fucilato, il piccolo pioniere Morozov (si dice) ucciso dai parenti.
Lo Stato sovietico elevò un monumento al piccolo delatore, martire della missione che "trasforma gli educati in educatori».

Frattanto in Israele le autorità hanno ordinato la demolizione della moschea di Al-Omari nel villaggio di Umm Tuba, presso Gerusalemme, con la motivazione che l’edificio era stato costruito senza autorizzazione.
Il gran muftì di Gerusalemme, sceicco Muhammed Hussein, ha spiegato che la moschea Al-Omar è stata costruita 700 anni fa, quando non esisteva ancora il Quarto Reich.
Secondo lui, gli israeliani stanno cancellando ogni memoria storica dell’Islam in Palestina,
in violazione «di tutti i valori religiosi e dei trattati internazionali».

Per scongiurare la demolizione, ha fatto appello all’UNESCO.
Non si sa con quale effetto.
Perché, si sa, c’è memoria e «Memoria».
In Sion, un consesso di giudici capeggiato dal presidente Dorit Beinisch (una donna) ha stabilito che Israele ha il diritto legale di lesinare l’elettricità e i carburanti a Gaza «perché anche quelle piccole quantità sono sufficientemente adeguate ai bisogni umanitari».
Umanitari.

A New York sta per riunirsi l’annuale Rabbinical Assembly, e gli organizzatori ammettono di aver problemi a trovare conferenzieri progressisti, dato che la maggioranza schiacciante è di conservatori.
In teoria, per fare numero, avrebbero dovuto far parlare Stephen Brewer, giudice della Corte Suprema e di idee liberal, e Howard Dean, presidente del National Committee democratico.
Ma su questi due nomi c’è un divieto rabbinico: «E’ nostra politica non invitare conferenzieri che non sono sposati con ebrei», ha spiegato rabbi Joel Meyer, il vicepresidente.
E quelli sono «intermarried».
Meyer ha spiegato: «La Rabbinical Assembly è fortemente per l’endogamia».
Naturalmente, si tratta di preservare la purezza del sangue.

Dal 2006 i rabbini americani hanno compiuto un passo audace, ammettendo al rabbinato gli omosessuali e benedicendo le nozze fra persone dello stesso sesso.
Ma sul matrimonio etero, non transigono: i due devono essere entrambi ebrei.
«E’ un tema difficile, che trattiamo molto seriamente», ha spiegato rabbi Meyer ai giornalisti: «Noi siamo capaci di mantenere la tradizione in tensione con la modernità».

Nella galleria del delirio non può mancare Fiamma Nirenstein.
Su Il Giornale, ha scritto che il boicottaggio ad Israele alla Fiera del Libro di Torino «è una nuova Shoah».
E’ incerto se questo possa configurare una forma di vilipendio della memoria: perché se un boicottaggio è la nuova Shoah, ci si può chiedere se la «vecchia Shoah» non sia stata, in fondo, che una forma di boicottaggio.
Il che è negazionismo antisemita da cui prendiamo le distanze.
Decidano i rabbini.
In ogni caso, la Nirenstein è endogama, quindi può parlare.

Ariel Sharon, che aveva almeno il dono della franchezza, lo disse chiaro nel 1982: «Siamo giudeo-nazisti, e allora? Se i vostri dolci civilizzati padri, anziché scrivere libri sul loro amore per l’umanità, fossero venuti in Israele e avessero ammazzato sei milioni di arabi, cosa sarebbe accaduto? D’accordo, due o tre pagine cattive sui libri di storia, e ci avrebbero detto di tutto.
Ma oggi saremmo qui, una nazione di 25 milioni. Ciò che non volete capire è che il lavoro sporco del Sionismo non è ancora finito, lungi da quello».

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